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» L’arte di essere fragili, di Alessandro D’Avenia – Recensione

davenia

Ci sono libri che ti chiamano a sé e che rappresentano un valido rifugio dove rintanarti, una mano amica pronta ad alleviare le sofferenze, i dolori, e a farti aprire gli occhi, regalando al tuo cuore tenere emozioni e una sorta di slancio, di incoraggiamento ad osservare la vita con sguardo diverso.
A inizio anno non stavo bene. Ho deciso di seguire le emozioni negative, buttandomi su una lettura bellissima quanto densa di sofferenza, almeno per me. Perché nelle parole di Sylvia Plath, e nei suoi diari, io mi sono così ritrovata, da cadere in una sorta di limbo dal quale non riuscivo ad uscire.
Ve ne avrei voluto parlare nel blog, ma… non riesco a riprendere quel libro tra le mie mani. È la prima volta che segno così tante frasi. La prima volta che sento mie tante sue parole, sofferenze, paure. Tanti pensieri. La Plath non ha avuto una vita facile. Né una morte felice. Ed io mi sono sentita così in sintonia con lei, da sprofondare in un momento di vera angoscia. Forse perché entro in forte empatia con quello che leggo, il che non sempre è un bene.

Comunque questa premessa è solo per dire che poi ho deciso di affidarmi alle parole di D’Avenia e alle sue lettere al mio caro Leopardi.
Molti di voi potranno dire: Leopardi? Il poeta della tristezza e della depressione? Bel modo per tirarti su!

Ma io l’ho sempre amato. E D’Avenia te lo fa conoscere meglio, ti mostra una visione diversa di questo povero poeta così bistrattato. Leopardi in realtà amava la vita. Giacomo e Alessandro sono riusciti ad aiutarmi a uscire da quel periodo complicato, facendomi riscoprire ciò che più amo: l’arte delle piccole cose e che non importa quanto tu sia fragile. Da quelle paure e insicurezze, puoi trovare una luce, delle ali per svoltare la tua vita e vederla densa di nuovi colori. Perché è proprio dietro quella fragilità che si nasconde, in realtà, una grande forza.

In realtà ho molta difficoltà ad analizzare questo libro, perché è una di quelle letture che, a mio avviso, ognuno deve affrontare da sé. A ciascuno di noi può dare delle risposte, o alimentare domande. A qualcuno può toccare in maniera più profonda, ad altri meno. Dipende, come sempre, anche dalle nostre esperienze di vita, ma anche dall’età. Sì, perché “L’arte di essere fragili” è rivolto in particolare all’adolescenza, l’età forse più complicata, in cui si dovrebbe formare il carattere, in cui bisogna già iniziare a comprendere quali sono i nostri sogni, le passioni, la strada da seguire per raggiungere il futuro che vorremmo avere.
Giovani che però, soprattutto in quest’epoca così complicata, tendono a perdersi, ma che proprio nelle parole di quel poeta, spesso messo in discussione per la sua malinconia, possono scoprire le giuste risposte e la via per ritrovarsi.

Anche se non sono più un’adolescente, però, l’ho sentito molto mio. Forse perché nonostante io ormai abbia raggiunto un’età importante, i 30 anni, mi sento ancora quella bambina smarrita che non sa cosa fare della sua vita e che più di una volta – come in questo periodo sta accadendo – mi sono ritrovata a vedere una vita colma di buio e incertezze.
La fragilità è spesso vista come un limite, qualcosa di sbagliato. Nella vita ci invitano ad essere forti, svegli, coraggiosi, determinati. Quando sei un fiore fragile e insicuro nei verdi prati di una vita, rischi solo di scomparire, di perderti, di essere spezzato. 
Il sentirsi abbandonato da tutto, perduto in un deserto di noia, a caccia di un’oasi di senso.

L’epoca delle passioni tristi. 
Dove abbiamo tutto, dal punto di vista prettamente consumistico, ma abbiamo perso molti valori.

Abbiamo dato loro tutto per godere la vita, ma non abbiamo dato loro una ragione per viverla. Abbiamo scambiato la felicità con il benessere, i sogni con i consumi.

Giacomo è stato a lungo preso in giro. In quanti lo vedono ancora come il poeta gobbo e depresso, in fondo? Eppure, è stato un ragazzo che da solo ha voluto scoprire la bellezza, ritrovandola nei libri, nella natura, nella poesia, e nei rapporti umani. È stato il poeta del “forse” la parola più bella del dizionario, che dà accesso a nuove opportunità. Lui ha studiato molto, per apprendere, per sapere, per poter vivere delle sue parole. Nonostante i suoi problemi fisici, non è rimasto immobile. Ha scritto tanto e anche viaggiato. Anche in quella malinconia e quel pessimismo in cui si immerge, riesce a donare luce al mondo.

La tua è stata una penna di luce, tenue, ma luce sempre e comunque. Malinconica luce, retaggio di una luce perduta o di una luce promessa e non ancora compiuta, come il crepuscolo.

Leopardi ha scelto di seguire il suo rapimento, scontrandosi contro quello che la famiglia o gli amici volevano da lui. Sapeva scherzare anche sui suoi problemi. Era alla ricerca della bellezza e non del banale.

Rapimento. Proprio uno dei concetti su cui si focalizza in maniera preponderante.

… la parte più vera di noi è una casa da poter abitare ovunque, con le fondamenta al contrario, appese a una stella, non cadente ma luminoso riferimento per la nostra navigazione nel mare della vita. Tu mi hai insegnato che il rapimento non è il lusso che possiamo concederci una notte all’anno, ma la stella polare di una vita intera.

Trovare quella stella polare, e lottare. Questo credo sia il senso. Lottare con tutto il cuore per raggiungere il proprio sogno, per vivere bene nella propria casa, nel proprio sogno, nel proprio rapimento. Anche contro tutto e tutti.

Solo la fedeltà al proprio rapimento rende la vita un’appassionante esplorazione delle possibilità e le trasforma in nutrimento, anche quando la realtà sembra sbarrarci la strada.

Ma se qualcuno non sa ancora comprendere quale sia il suo rapimento?

Conosco molte persone che sono totalmente immerse nel loro rapimento. Amano ciò che fanno, e hanno reso con impegno e costanza il loro sogno un lavoro. Non è mai facile, perché richiede davvero molto amore, coraggio, e determinazione, ma… quando poi vedi gli effetti, scorgi nei loro occhi quella luce che in altre persone – come me – si è spenta.
Perché è proprio questo, credo, il senso della vita: lottare per i propri sogni, farli diventare una splendida realtà. 
E non sapete quanto io vi ammiri…

Ma se non sai quale sia il tuo sogno più forte? Come puoi fare a raggiungerlo?

Il tuo cuore agitato, sente sempre una gran mancanza, un non so che di meno di quello che sperava, un desiderio di qualche cosa anzi di molto di più. – Zibaldone, 27 Giugno 1820

Se nella tua vita ti sei buttato troppe volte nelle scelte più facili, o in quelle che altri avrebbero gradito per te?
È ormai troppo tardi?

Vorrebbero essere sicuri di se stessi e invece dobbiamo aiutarli a essere sicuri di essere se stessi, cominciando ad accettare ciò che sono e non caricandoli di “io” immaginari e irraggiungibili.

Questo libro è suddiviso in quattro parti: ADOLESCENZA (o l’arte di sperare) – MATURITA’ (o l’arte di morire) – RIPARAZIONE (o l’arte di essere fragili) – MORIRE (o l’arte di rinascere).
Come già detto è all’adolescenza che è dedicato lo spazio più grande, e l’autore attraverso questo suo colloquio con Leopardi, ripercorre anche la sua vita e la sua poetica per cercare delle risposte, o anche per spingere il lettore stesso a fare delle opportune riflessioni sulla sua vita e su vari aspetti dell’esistenza umana. E lo fa anche riportando esempi di alcuni studenti che ha potuto conoscere grazie al suo lavoro di insegnante.
Per questo mi risulta difficile parlarne, perché credo che le mie riflessioni siano troppo personali. Come dicevo, io mi ci sono ritrovata molto, nonostante non sia più un adolescente.

Ho raccolto molte frasi che mi hanno colpito e aperto pensieri. Frasi che ho già inserito e che continuerò a proporvi in questa recensione/non recensione. Ammetto anche che nel momento in cui scrivo, sto attraversando un altro di quei periodi no durante i quali io mi sento nessuno, una persona priva di “rapimenti”. Che cerca quell’oasi di senso in un deserto. Ma è forse proprio vivendo questo momento no, che riuscirò di nuovo a trovare la spinta giusta per riprendere la mia vita…

Questo libro mi ha aiutata? In parte sì, ma poi sta a ognuno di noi farsi forza nonostante le nostre bellissime fragilità, che ci rendono autentici.

… se il seme non si lascia aprire da sole, terra, acqua, accogliendo il suo destino, rimane sterile. Se invece trova la ragione per rompere il guscio, si lascia ferire ed  entra nel mondo con la sua fioritura e si sperimenta come dono di colori e sapori per gli altri. Il prezzo da pagare è un dolore, una morte “apparente”, ma in realtà è “più vita”.

Tra le pagine potrete trovare alcune poesie di Leopardi, alcune lettere, e alla fine è bellissimo scoprire un suo manoscritto della poesia a me più cara: L’Infinito. Ma c’è anche un’attenta analisi di una delle poesie che forse è meno conosciuta – o perlomeno rientro tra quelli che non la ricordava – La Ginestra o Fiore del Deserto, uno degli ultimi componimenti scritti dal poeta.

La tua vita, Giacomo, è l’indomita lotta di un rapito dalla bellezza che combatte per realizzarla nei suoi versi e se non ci riesce si concede la malinconia buona, cioè il dolore di non essere stato all’altezza e il desiderio di riprovare, ma senza fuggire, anzi rimanendo in quel dolore, come il seme che durante il gelo invernale aspetta tempi migliori, attende di essere all’altezza del prossimo raggio di sole.

Mi ha colpito molto l’ultima frase, perché ancora una volta mi sono sentita chiamata in causa. Spesso mi accade di sentirmi come un seme che resta immobile durante il gelo invernale, attendendo proprio quella luce per poter emergere e dimostrare al mondo, ma soprattutto a me stessa di essere all’altezza del mio ruolo, del mio scopo, del mio sogno.
Il bello (o brutto) è che sono proprio io il più delle volte ad affondarmi da sola. Gli altri, anche chi mi conosce da poco, pensano che io abbia delle qualità, che io abbia talento, ma che debba solo cercare quella luce dentro di me e trasmetterla al mondo.
Io, invece, mi sento davvero… nessuno. Un’incapace. Un’inetta. Una persona che non trova uno scopo in questa vita…

La ginestra nel deserto lavico, fiore consapevole del limite ma nato proprio dalla vittoria su questo limite. Fiore lento, cioè fragile e flessibile, rispettoso dei tempi naturali, che non va a salti, che non vuole tutto subito, ma che paziente cerca e dà tutta la sua vita che ha e che può, per compiersi. Fiore non codardo, non servile, ma eroico e innocente, capace di accettare la sede che non ha scelto, trasformando il destino in una vera destinazione di bellezza…

Crescere non è aver successo, ma è discendere, andare in profondità, dove il rapimento può mettere radici. Creare senza lasciarsi paralizzare dalla paura di fallire è il modo per far sì che il rapimento diventi realtà feconda.

Creare senza lasciarsi paralizzare dalla paura di fallire è proprio uno dei problemi principali. Almeno per me. La paura del fallimento è ciò che ti spinge a fermarti. E poi a prendertela solo con te stessa. Perché basterebbe un pizzico di coraggio in più, un salto nel vuoto, per poter trovare quel barlume di felicità che sempre si cerca. A volte l’ho fatto, e sono stata bene. Poi però ricado in periodi di sconforto…

Parlami, Giacomo, di come ascoltare l’inquietudine del cuore senza comprimerlo nel petto per troppa paura della vera chiamata alla vita. Scrivimi, come si fa a non mettere una corazza attorno al cuore per paura che la vita ci inganni o dopo che la vita ci ha disingannato? Meglio un quieto sopravvivere o un inquieto vivere? Meglio morire per vivere o vivere per morire?

Esatto, Giacomo. Come si fa?
Soprattutto quando la vita ti sbarra molte volte la strada… e i colpi ricevuti sono tanti, da avere difficoltà a fidarti. Di te stesso e degli altri.

Forse se il nostro lettore, Giacomo, stanotte spegnesse tutte le luci e guardasse il cielo in silenzio, saprebbe che la bellezza e la gratitudine ci salvano dallo smarrimento dovuto alla nostra carenza di destino e destinazione.
Forse se in quel buio luminoso avesse accanto o nel cuore qualcuno, ne scorgerebbe meglio la seducente fragilità, un infinito ferito che chiede cura e riparazione, e capirebbe di essere “poeta”, cioè chiamato a fare qualcosa di bello al mondo, costi quel che costi.
Forse allora saprebbe che solo uno è il metodo della faticosa ed entusiasmante arte di dare compimento a se stessi e alle cose fragili, per salvarle dalla morte: l’amore.
Questo è il segreto per rinascere.
Questa è l’arte di essere fragili.

Ho deciso di lasciare andare le mie emozioni, le mie riflessioni, perché sono sempre più convinta che i libri possano aiutarti. Spesso sono proprio le domande a farti aprire gli occhi. O forse, tra quelle pagine, ci trovi le risposte ai tuoi dubbi.
In questo momento di difficoltà, rileggere anche solo queste frasi, mi ha aiutata un minimo. Per questo io lo consiglio. È uno di quei libri che vanno presi come un modo per farsi domande e trovare risposte. Magari in molti non provano le mie stesse emozioni, e non lo trovano attinente ai loro gusti, ma… se anche uno di questi brani vi ha colpito, magari provate a leggerlo.
Giacomo e Alessandro potranno aiutarvi. O semplicemente, portarvi a riflettere un po’ su voi stessi. Il che non fa mai male, no?


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L’Arte di essere fragili – come Leopardi può salvarti la vita, di Alessandro D’Avenia
Editore: Mondadori
Pagine: 209
Prezzo: 19 euro cartaceo – 9,99 euro ebook

Voto: ♥♥♥♥/5

Link per acquistarlo su Amazon.

10 pensieri su “» L’arte di essere fragili, di Alessandro D’Avenia – Recensione”

  1. Bello, bello, bello… ho letto anche io questo libro e mi è piaciuto molto. L’ho anche recensito nel mio sito.
    D’Avenia al momento è uno degli scrittori contemporanei che apprezzo di più. C’è bisogno di più persone come lui che sappiano riportare la gente alle cose che contano davvero nella vita.
    Un saluto

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    1. Di D’Avenia ho letto solo questo libro per poter dire di più, ma come detto anche qui sul blog, mi è molto piaciuto! Spero di recuperare altro… Appena ho un po’ più di tempo vengo volentieri a leggerti sul blog! 🙂

      Grazie per il commento!

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    1. Ciao!
      Sono sincera nel dirti che avendo letto questo libro molto tempo fa, non ricordo con esattezza le varie parti. Infatti ho scelto di non farne una recensione, bensì limitarmi a esprimere le emozioni che sentivo.

      Comunque penso che sia tutto nascosto qui:

      “… se il seme non si lascia aprire da sole, terra, acqua, accogliendo il suo destino, rimane sterile. Se invece trova la ragione per rompere il guscio, si lascia ferire ed  entra nel mondo con la sua fioritura e si sperimenta come dono di colori e sapori per gli altri. Il prezzo da pagare è un dolore, una morte “apparente”, ma in realtà è “più vita”.”

      In queste frasi. In questo brano che ho anche condiviso.
      L’importanza di accettare la propria fragilità e non farne un limite, anzi, riuscire a farsi “ferire”, a sperimentare una sorta di “morte” che permette di rinascere e mostrarsi al mondo per quello che si è, anche con le nostre fragilità.

      Non so se ho soddisfatto la tua domanda, ma purtroppo non ho il libro con me e non posso andare a rileggere quei passaggi per potere dire di più a riguardo.

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      1. Grazie mille per l’attenzione e per avermi fornito una risposta! Sei stata gentilissima! La tua risposta è stata più che soddisfacente e ti faccio i miei complimenti perché sei davvero brava a scrivere!

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